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L’infiammazione e le malattie cardiovascolari, è tempo di agire

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Da tanti anni la letteratura medica e cardiologica lancia messaggi che mettono in luce l’importanza dell’infiammazione come fattore di rischio cardiovascolare. Tuttavia nella pratica clinica tale informazione non ha trovato importanti applicazioni, sia per l’assenza di dati di laboratorio accettati dalla comunità scientifica, sia per l’assenza di studi che avessero dimostrato l’efficacia della riduzione dell’infiammazione sulla riduzione degli eventi cardiovascolari.

La recente pubblicazione dello studio CANTOS rappresenta una pietra miliare su questo percorso. Pazienti che dopo un infarto presentavano un valore di proteina C reattiva ad alta sensibilità aumentata, trattati con un anticorpo monoclonale diretto contro una citochina infiammatoria che si attiva nei processi immunitari, presentavano una significativa riduzione di successivi eventi cardiovascolari. Ovvero, per la prima volta agendo solo sulla infiammazione e non sul colesterolo, si otteneva una riduzione significativa di eventi.

Siamo usciti dalla via lipidica per entrare in una nuova strada che aprirà un nuovo corso di trattamento volto a ridurre il rischio di eventi cardiovascolari. Questo senza la necessità di gettarsi esclusivamente nell’arena degli anticorpi monoclonali, ovvero nella terapia immunologica attualmente in auge anche in altri settori della medicina, come la reumatologia, l’oncologia e la pneumologia. Sappiamo già che le statine riducono l’infiammazione e la proteina C reattiva ad alta sensibilità, ma non sempre e in modo sufficiente. Sappiamo che la colchicina, estratto da una erba officinale di tradizioni greco-latina, usata per spegnere gli attacchi gottosi, riduce anche l’infiammazione e la proteina C reattiva. Sappiamo da tempo che non fumare, fare esercizio fisico e alimentarsi in modo corretto riduce l’infiammazione e la proteina C reattiva.

Il clinico sarà quindi fin da oggi incentivato a verificare che il suo paziente raggiunga determinati obiettivi di lotta all’infiammazione e bassi valori di proteina C reattiva ad alta sensibilità. Il nuovo percorso è stato impostato e sarà ancora lungo ma finalmente è certo e scientificamente dimostrato che è potenzialmente utile proseguire su questa strada.