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La dieta quasi vegetariana

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Fino ad oggi l’attenzione alimentare nei confronti delle malattie cardiovascolari è stata posta sul tipo di grassi animali e vegetali consumati. L’industria alimentare si è quindi orientata a produrre costosi cibi iperproteici a basso contenuto di grassi. Le diete a basso contenuto di grassi non sono riuscite però a ridurre le malattie cardiovascolari, ne tantomeno a ridurre significativamente la colesterolemia. Negli anni le informazioni che sono arrivate al pubblico sono state spesso contraddittorie e frustranti, con difficoltà ad avere una linea chiara e comprensibile rivolta agli interessati su un argomento delicato come questo.

Un discreto numero di soggetti in popolazioni che nel tempo sono passate dall’essere povere a ricche hanno assunto rapidamente abitudini alimentari scorrette, ammalandosi delle stesse malattie delle popolazioni ricche da molto più tempo. Queste osservazioni hanno confermato il concetto che l’ereditarietà e l’etnia rivestono talora un’importanza del tutto marginale. A questo scopo intervengono alcuni studi rivolti su varie popolazioni che hanno dimostrato che soggetti che si alimentano con una dieta povera di proteine animali hanno un numero decisamente minore di malattie cardiovascolari e di tumori. Dunque, ciò che viene ad essere considerato come nuovo elemento è l’alimentazione e lo stile di vita del paese in cui si vive. La dieta occidentale classica, spesso iperproteica, deve quindi essere ripensata. Per questo, ci viene in soccorso la dieta mediterranea che si caratterizza per un uso abbondante di frutta, verdura, basso contenuto di proteine animali, con piccole dosi di formaggio fresco e pesce.

La caratteristica principale della dieta nei paesi poveri è quindi la scarsità di proteine animali e la ricchezza di alimenti non raffinati, ovvero un ampio uso di cereali integrali e legumi contenenti proteine vegetali. Il vegetariano è meno esposto al rischio di eventi cardiovascolari e di neoplasie, anche se in questo caso i risultati di alcuni studi vengono contestati. In campo cardiologico la prova che tutti noi possiamo fare è facile da ottenere: è sufficente misurare il colesterolo in un paziente che assume una dieta ipertrofica, con percentuali di calorie quotidiane fornite dalle proteine animali fra il 15 e il 25%. Se passiamo questo paziente ad una dieta semi vegetariana con meno del 5% delle calorie fornite da proteine animali vedremo il colesterolo calare in modo marcato. Tale riduzione non è ottenibile in nessun altro modo, a parità di calorie totali? Ma come mai ne ce ne eravamo accorti prima? Segnalazioni nelle letteratura medica sono presenti in tal senso da oltre 20 anni. Non rispondiamo a questa domanda, anche se è facile immaginare un ruolo distraente dell’industria alimentare e farmaceutica.

Per ora ci limitiamo a prendere atto di questa informazione importante e a consigliare ai nostri pazienti di andare verso un equilibrato semi vegetarianismo, con una percentuale di proteine animali non superiore al 5% delle calorie totali giornaliere. Si può ragionevolmente pensare che questo tipo di alimentazione possa potenzialmente ridurre non solo delle malattie cardiovascolari e alcuni tipi di tumori, ma anche di altre malattie degenerative come ad esempio calcoli renali, osteoporosi e artropatie infiammatorie.